Africa Eco Race. D-4. Un inglese, Poskitt, KTM a Smara

Piero Batini
  • di Piero Batini
I senatori giocano e si perdono, i giovani ne approfittano, non Jensen, che cade non lontano dal traguardo di Smara, bensì Poskitt e i figli d’arte Lucci e Dabrowski. L’Africa Eco Race è Rally d’atmosfera, interessante e istruttivo
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
11 gennaio 2020

Smara, Marocco, 10 Gennaio 2020. Si direbbe, con un minimo di ragionevolezza, che a giocarsela per il successo finale di questa dodicesima edizione di Africa Eco Race saranno due “senatori”, l’italiano Alessandro Botturi e il norvegese Pal Anders Ullevalseter. Non ci piove, al netto della cronica incertezza che accompagna lo sviluppo dei Rally-Raid.

Bottu, Campione in carica, e Pal, due successi AER, entrambi con un curriculum invidiabile di Dakar, mettono sul piatto della bilancia l’esperienza, la velocità e un tono agonistico che, sconosciuto alla maggior parte dei Rally, porta il confronto su un livello decisamente superiore.

 

Ci mettono la gioia di correre, e di farlo insieme disputandosi ogni metro degli otto milioni totali, con la verve dei ragazzini alle prese con il sogno della vita. Così, a volte come dei cadetti, cascano nel tranello e sbagliano.

 

Tra Assa e Sidi Laroussi, una dozzina di chilometri da Smara, sulla lunga quarta prova speciale del Rally, 385 chilometri quasi del tutto inediti con grandi allunghi su piste di sabbia, ancora qualche pietra e una dose giusta di navigazione, è successo proprio questo. A parte un problema di strumentazione ballerina sulla Yamaha di Botturi, e in questo senso “Ulleval” non ne ha approfittato e, anzi, si è reso disponibile a dare una mano all’avversario e amico, tutto filava liscio fino a una cinquantina di chilometri dall’arrivo quando, stanchi di essere seguiti dai “ragazzi”, Botturi e Ullevalseter hanno deciso di allungare il passo e di mettere una certa distanza di rispetto, nella corsa come si esige tra le generazioni. Detto fatto… son partiti su una pista sbagliata, lasciando ai “ragazzi” lo spazio per approfittarne.

 

Largo ai giovani

Sono emersi all’improvviso, dunque, il britannico Lyndon Poskitt, il norvegese Jensen, il polacco Konrad Dabrowski, figlio d’arte di tanto Marek, e Paolo Lucci, figlio d’arte anch’esso di tanto Andrea Lucci, bestia nera di Gio’ Sala quando i due si facevano spazio a gomitate nella giungla della Regolarità.

 

Sfortunato Jensen, che è caduto rimediando la Lussazione alla spalla che gli impedirà di proseguire i giorni prossimi, è stato confronto a tre, in realtà libero da impegni di navigazione in quanto tutti hanno seguito Botturi e Ullevalseter nel frattempo rientrati dall’errore.

 

Paolo Lucci si è fermato a soccorrere Jensen, caduto nella polvere, e così Poskitt e Dabrowski hanno chiuso la Speciale nell’ordine. Pur pago del terzo posto, che era già un successo inedito, Lucci si è visto poi restituire il tempo trascorso a confortare il compagno di… sventura, ed è salito così al secondo posto assoluto, record personale migliorato.

 

Questo non cambia la sostanza del Rally, ma lo rende ancora più interessante. Alessandro Botturi e Pal Ander Ullevalseter restano al comando del Rally, confortevolmente e a desso separati da appena nove secondi. Alle spalle dei Giganti, entrambi sono ben riconoscibili anche da lontano per la stazza, avanzano Poskitt e Lucci. Un altro “Anziano”, Czachor, a suo tempo compagno di Squadra di Marek Dabrowski, fa da “tappo” e filtro agli ardori del giovane Konrad. Mentore e “regolatore”, tutti i giovani dovrebbero avere un Maestro che li accompagna in questo modo!

 

L’aria è calda, verso il profondo Sud marocchino, l’atmosfera del Rally eccitante. Il Polisario recrimina l’esposizione della propria Bandiera sulle tavole del Rally che sta attraversando la “loro” regione, ma verosimilmente la questione non sarà risolta prima che la carovana lasci il Marocco. In programma, ora, la Tappa che porta a Dakhla, quindi la giornata di riposo prima di riprendere il cammino verso il confine con la Mauritania.

 

© Immagini AER – Alessio Corradini – Marcin Kin

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