Dakar 2013. Il "club" Endurology

Dakar 2013. Il "club" Endurology
Il diario di tre amici, tutti di Milano, che raccontano la Dakar (le fasi prepartenza) con un entusiasmo contagioso, un trasporto commovente e un tono davvero divertente | P. Batini
7 gennaio 2013

 Dall’enciclopedia dei diretti interessati, Endurology “è l’espressione del sentimento comune dei suoi soci, uniti nel gesto sportivo dai valori di amicizia, lealtà, sacrificio e costante ricerca del proprio limite, tanto mentale quanto fisico”. Lorenzo Napodano, presidente del sodalizio, e Luca Viglio, sono entrambi commercialisti e hanno 38 anni, Stefano Rampolla è un classe ’66. Tutti di Milano. Viglio corre con una KTM, Napodano e Rampolla con una Honda preparata dal Jolly Team e da Boano. Il “club” si è preparato coscienziosamente, ed ha preparato la propria “spedizione”, con molta cura, partecipando al Campionato Italiano Motorally e ai Rally di Dubai e Sardegna del Campionato del Mondo, ma la “destinazione finale” della loro missione era già scritta nel 2009, anno di costituzione di Endurology.

Una curiosotà che mi ha fatto sbellicare per tutta la sera, quando ho letto. L’ultima pagina della loro piccola Bibbia, nella quale i soci raccontano la loro storia e, nel dettaglio l’operazione Dakar 2013, si conclude con una massima: “Qualunque attività tu svolga, avrai sempre un socio al 50%: lo Stato”. Ed eccoli qui, protagonisti di un’avventura nel’avventura, e nel diario esilarante della loro prima presa di contatto con la “burocrazia” della Dakar, le verifiche di Lima. Sono le impressioni “live” prima della partenza, a verifiche ultimate, del “Presidente”, Lorenzo Napodano, che guida la spedizione del Team Endurology. Dalle righe di questo diario personale trasuda tutta l’eccitazione che caratterizza l’imminenza dell’evento.

«Ci imbuchiamo alla napoletana, anziché all'orario previsto di convocazione, le 17:45, alle 13.00, usando il vecchio espediente della magia delle tre carte. Non funziona il giochetto, ma riusciamo a passare non tanto con l'inganno quanto con la pietà del gorilla alla porta. Endurology c'è.
Il capannone delle amministrative è qualcosa di incredibilmente immenso, incredibilmente ordinato e organizzato, incredibilmente pettinato...

Veli bianchi, condizionatori a palla, succhi di frutta, le stazioni di verifica numerate progressivamente, tipo via crucis, bambole da fiato corto disseminate qua e la nella hall. Sembra di essere ad una fiera, compresi i membri di un team bielorusso che ride sguaiatamente sulle battute sicuramente hard al riguardo delle povere ed indifese standiste. Tutto è comunque curatissimo, sin nel minimo dettaglio, tutti sono gentili. Ma tutto ciò non addolcisce il rigore delle verifiche e dei verificatori, che sono certosini, zelanti e inflessibili.
Felipe Prohens, Team Tamarugal, è sbracato insieme ai suoi sui divanetti bianchi e se la gode, grandi saluti e abbracci. I nostri assistenti si danno un gran da fare. “Boa” ci segue come un padre amorevole, “Nato” ci aspetta fuori (è il meccanico più muto del pianeta dei meccanici, ma da quando siamo arrivati è incredibilmente loquace).

Facciamo il corso di Iritrack, GPS, Sentinel e Balise, passiamo da tutte le 25 stazioni, compresa quella delle foto segnaletiche con il profilo dei piloti, e raccogliamo tutti i timbri “passed”


Alla stazione dei pagamenti, c'è un team di sudamericani che conta da un rotolo di banconote da 50 euro. Sul tavolo ha appoggiato un goffo sacchetto di tela del team, e dentro intravedo altre mazzette di svariati colori. Evidentemente in Sudamerica non c'è ancora il problema della liquidità.
Facciamo il corso di Iritrack, GPS, Sentinel e Balise, passiamo da tutte le 25 stazioni, compresa quella delle foto segnaletiche con il profilo dei piloti, e raccogliamo tutti i timbri “passed”. Finalmente usciamo. Abbiamo 20 minuti per prendere le moto e andare alle verifiche tecniche.

Il capannone delle tecniche è una specie di hangar senza pareti, da una parte c'è una tribuna per il pubblico festante, dall'altra si scorge in lontananza un mega palco con musica e speaker. All'interno 6 o 7 corsie, una per le moto, e tutte le altre per auto, camion e mezzi assistenza.

Non c'è quasi nessuno nella nostra fila e iniziamo subito a smontare pezzi incitati dai commissari. Con le Honda dobbiamo fare una modifica ai supporti del cupolino perché sbatte contro al connettore dell'antenna dell'iritrack. “Bamba” è più avanti. Sta litigando per il posizionamento degli adesivi con un commissario. "Mais ici s’est pas bon!" Esclama stizzito per un adesivo elf malmesso. Il commissario di pietragli risponde che "Se ici s’est pas bon, pas de Dakar". Tocca ai nostri, di adesivi, ed è il delirio. Praticamente blocchiamo i 15 addetti e facciamo saltare la precisa francese. Si forma una coda mostruosa, ma nessuno si lamenta, riposizioniamo adesivi manco fossimo ufficiali, sempre negoziando con le signorine che ci vorrebbero imporre qualcosa che non capiamo, o facciamo finta di non capire, regolamenti alla mano. Imbrunisce.

Arriviamo alla stazione dei pettorali di gara, quelli da attaccare alle giacche. C’è un omone che tento subito di farmi amico rinominandolo le nouveau valentino'. Lui abbocca e gli appioppo le 6 giacche del team da “clippare”. Mezz’ora abbondante di lavoro. Passiamo ai controlli del motore. Robi usa tutta la sua maestria e riesce a farci stare dentro la classe marathon (le moto di serie). Si provano luci, si controlla l'acqua portabile di sicurezza nel paramotore... …azzo, dov’è? Se n'è andata, il paramotore-serbatoio in kevlar perde.
Alcune tipe del pubblico gridano “Luca, Luca, Luca, Luca... Mi volto ed è proprio lui, lì che saluta e distribuisce sorrisi manco fosse Simon Le Bonon nell'84. Il punto è: come cavolo sapevano che si chiama luca? Boh!
Controllo clacson. Quello di Bamba sembra il vagito di n bebé. Morale, dovremo presentarci a Pisco con le trombette montate tra ico, roadbook, iritrack, gps sentinel, balise. La trombetta, ultimo grido delle tecnologia.

 

“Rampo” si esalta con l'acciarino vicino al serbatoio. A momenti facciamo brillare il villaggio Dakar e Lima

Controllo di sicurezza.
Accendino. No. Ma ho l'acciarino stile boy scout.
Bussola. Celo.
Specchio. Celo.
Strobo. Celo.
Metallina. Celo.
Night stick. Celo
Razzi. Celo

“Rampo” si esalta con l'acciarino vicino al serbatoio. A momenti facciamo brillare il villaggio Dakar e Lima. Fa notte. Finalmente siamo pronti, "controle final" passed, saliamo sul palco. 200mila persone. No, saranno stati 80/100 peruviani, ma per noi era come essere sul palco accanto a Vasco. Lo speaker incalza, noi riusciamo a salire tutti e 3 senza ucciderci. Intervista, non so che ho detto, scendiamo e andiamo verso il parco chiuso. Pietrone nascosto nell'erba, a momenti vado in terra.
Taxi, bar, bancone, una media tra le più buone della mia vita, boccia di vino al ristorante. Dormire.
Ci siamo, Endurology è alla Dakar»

 
Piero Batini

 

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