"La moto fa bene". Motociclisti nel reparto Pediatria

Marco Berti Quattrini
  • Credits Foto: D. Crudeli
Via portiamo nel reparto Pediatria del San Carlo. Per un giorno le moto elettriche hanno invaso le corsie con in sella i giovani pazienti
10 dicembre 2018


Questa storia ho deciso di raccontarla in prima persona. La scrivo da giornalista, l'ho vissuta da motociclista, ma quello rimasto più profondamente emozionato è stato il mio "io papà".

Il ritrovo è davanti allo stadio San Siro, mercoledì, non fa troppo freddo e c'è un sole che a dicembre, a Milano, è una rarità. Quando arrivo ci sono già una trentina di moto. Tutti pronti e schierati, moto lustre e toppe ben in vista. Sono tutti qui per una sola ragione: rendere speciale una giornata a dei bambini malati. Nobile e generoso da manuale. Mi guardo intorno, faccio qualche foto e mi segno sul taccuino: "cuori d'oro in giacche nere di pelle". Poi incontro Ernest Pozzali. E' tra gli organizzatori. L'avevo sentito al telefono il giorno prima. Senza motivo lo immaginavo più basso e nervoso. Invece arriva con gli stivali da cross e 180 cm più in alto un bel sorriso rilassato. Tenuta giallo evidenziatore, operativo, ma senza fretta. Ernest ha scritto diversi libri per bambini a tema motociclistico (li trovate sotto). Con il ricavato acquista giochi da regalare a ospedali e scuole. Proprio consegnando nei reparti di pediatria Play Station, X-box e simili è nata l'idea di portare anche le moto in corsia. 

 

Facciamo due chiacchiere poco prima di partire e mi spiega come si svolgerà la mattinata: «Partiamo in corteo andiamo all'Ospedale San Carlo ad augurare a nostro modo un Buon Natale e di uscire presto. Lo faremo con una piccola parata, poi con una sgasata, un saluto a tutta la struttura e poi parcheggeremo davanti all'atrio. Lì i pazienti potranno scendere e fare quattro chiacchiere con noi. A gruppi piccoli poi saliremo al secondo piano, in Pediatria, dove ci sono mini moto e moto elettriche e porteremo a spasso i bambini. L'obiettivo è non farli pensare a quello che stanno vivendo e farli svagare». Ed è andata proprio così: semplice come la felicità e potente come un sorriso. 

 

Saliamo in sella, siamo in ritardo, ma non importa, c'è il sole. Partiamo. Dentro al casco penso ai bambini: ci stanno aspettando. Controllo lo specchietto intimorito dallo scarico di una Thruxton: troppo vicino, troppo a destra e troppo aperto. Ripenso al ritardo e ai bambini impazienti. Poi mi viene in mente Antoine de Saint-Exupéry: di quando la volpe spiega al Piccolo Principe che inizierà ad essere felice già da prima che lui si presenti all'appuntamento. Sarà sicuramente così, i bambini sono già felici. Per loro è una bella giornata.

 

Arriviamo sotto alle finestre dell'ospedale, una sgasata e un saluto a tutti i pazienti. Parcheggiamo e finalmente in 5-6 saliamo in Pediatria. Ci sono un po' di minimoto, i bambini guidano e i motociclisti spingono. Le vere star però sono due moto elettriche. I piccoli pazienti salgono in sella alle Zero e sfrecciano a turno lungo i corridoi. Occhi curiosi si affacciano dalle camere. I più coraggiosi si fanno avanti subito, altri hanno bisogno di un gentile invito. Vedere come la voglia di vita e di giochi vincano sulla paura è sempre qualcosa di incredibile e dal sapore eterno. C'è chi ride e chi urla di gioia. In sella ad una moto i bambini sono liberi e liberi i bambini sono felici. Alla fine anche volontarie ed infermiere si fanno un giro. Arriva anche Babbo Natale: palloncini e qualche piccolo gadget.

 

Sono felice. Io non ho fatto nulla, ma sono felice per i piccoli. Una cinquantina di motociclisti hanno trasformato una giornata d'inverno, in ospedale, in una storia da raccontare agli amici e da ricordare a lungo. Ho visto i sorrisi dei bambini e la concentrazione delle cose importanti sulle loro fronti. Poi ho alzato lo sguardo e ho incontrato anche gli occhi dei genitori. Da papà fortunato ho provato a immaginare cosa vuol dire ridere e scherzare su un letto d'ospedale. Ho letto la gratitudine e ho capito il perché di qualche lacrima.

 

E' arrivato il pranzo e a noi tocca salutare i bambini. Mentre scendo le scale penso (è deformazione professionale, lo ammetto) che tutto questo è stato possibile grazie ovviamente a Ernest e a tutti i volontari, ma anche grazie alle moto elettriche. Quel motore tanto disprezzato perché non romba e quella batteria tanto dileggiata perché garantisce poca autonomia sono riusciti ad entrare in una corsia e a portare la velocità tra i letti d'ospedale. Impensabile con le moto tradizionali.

 

Quello che Ernest e i motociclisti, di tanti motoclub di Milano hanno fatto è stato un momento prezioso e purtroppo raro. Perché - mi spiegano - ci si confronta con burocrazie e burocrati che non lo rendono possibile. Io per primo, da motociclista, capisco le resistenze nel far circolare motociclette in un reparto di pediatria, ma posso garantirvi che ogni dubbio o timore è spazzato via dalla spensieratezza che portano.

 

Ho chiesto a Ernest come poter sostenere queste iniziative. Mi ha risposto: «Comprate i libri, leggeteli, regalateli. Il ricavato servirà per comprare giocattoli e in questo modo iniziare un rapporto con gli ospedali». Quindi comprate le "Fiabe deo Motociclisti" vi lascio qui i link al vol. 1 vol. 2 e vol. 3