Bella tecnica, ma ormai obsoleta

Bella tecnica, ma ormai obsoleta
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Una rapida carrellata su alcune soluzioni oggi obsolete in tema di distribuzione, imbiellaggio, raffreddamento e gioco valvole
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
4 aprile 2017

In passato, per quanto riguarda le distribuzioni dei motori a quattro tempi e i loro sistemi di comando, assai spesso i tecnici si sono sbizzarriti. Delle soluzioni proposte alcune erano brillanti e ingegnose, mentre altre erano solo diverse da quelle usuali; spesso non era ben chiaro neanche che cosa avesse spinto i progettisti ad adottarle. Altre ancora erano molto raffinate sotto l’aspetto meccanico, ma al tempo stesso assai costose. E non fornivano vantaggi tecnici degni di nota, in effetti; però spesso erano assai valide sotto l’aspetto estetico.

A quest’ultima categoria appartenevano alcuni sistemi di comando della distribuzione in testa ad alberello e coppie coniche. Evidentemente innamorati della bella meccanica e incuranti della complessità realizzativa, alcuni progettisti hanno realizzato dei bicilindrici a V con comandi della distribuzione splendidi ma complicati sia per quanto riguarda le lavorazioni che per quanto riguarda il montaggio. Per non parlare del numero di componenti... Avevano la distribuzione monoalbero con comando ad alberelli e coppie coniche i primi bicilindrici Ducati con architettura a L dell’era Taglioni. In ciascuno di essi vi erano nove ingranaggi conici, che nelle versioni a “carter quadri” si sono ridotti a otto, cioè lo stesso numero che utilizzava il motore americano Cyclone degli anni Dieci, nel quale i cilindri formavano una V notevolmente più stretta.


 

Il disegno mostra il sistema di comando della distribuzione bialbero del motore NSU 350 a due cilindri paralleli, nato nel 1938. Gli ingranaggi conici erano ben nove. Una moto azionata da questo motore, opportunamente carenata, nel 1956 ha portato il record assoluto di velocità a 339 km/h
Il disegno mostra il sistema di comando della distribuzione bialbero del motore NSU 350 a due cilindri paralleli, nato nel 1938. Gli ingranaggi conici erano ben nove. Una moto azionata da questo motore, opportunamente carenata, nel 1956 ha portato il record assoluto di velocità a 339 km/h

Nove ingranaggi conici venivano impiegati anche nel comando della distribuzione dei bicilindrici paralleli NSU di 350 e 500 cm3 apparsi alla fine degli anni Trenta, con due alberelli divergenti che dal basamento raggiungevano i due alberi a camme. Alcuni anni dopo uno schema analogo è stato adottato per comandare la distribuzione bialbero nel bicilindrico 250 della stessa casa tedesca che si è imposto nel mondiale del 1953 (gli ingranaggi conici in questo caso erano solo otto). Sistemi raffinati e complessi, quindi, per questi motori che avevano due cilindri; la cecoslovacca CZ però di ingranaggi conici nella sua 125 da Gran Premio degli anni Sessanta ne ha utilizzati sette e si trattava di una monocilindrica…

 

Restando nella parte superiore della testa, è interessante osservare come nelle distribuzioni bialbero dei motori di serie siano stati pressoché abbandonati i pastiglioni calibrati posti sopra le punterie a bicchiere. Servivano per la regolazione del gioco delle valvole e potevano essere cambiati con facilità senza disturbare i due alberi a camme. Il loro posto è stato preso da pastiglie calibrate di ridottissime dimensioni che vengono piazzate sopra gli steli delle valvole (e quindi sotto le punterie a bicchiere). Sono leggerissime e quindi ideali per i motori di alte prestazioni, che girano molto in alto. Per sostituirle è necessario rimuovere gli alberi a camme e le punterie, ma la regolazione del gioco valvole oggi si rende necessaria piuttosto di rado e comunque dopo percorrenze molto elevate. Merito dei materiali impiegati per le sedi (e anche delle rampe di raccordo piuttosto “dolci” delle quali sono dotate le camme).

 

Scarico fermo

Per fissare i tubi di scarico alla testa una volta si utilizzavano molto frequentemente le ghiere filettate, come quella qui mostrata. Oggi di norma si utilizzano corti prigionieri con dado
Per fissare i tubi di scarico alla testa una volta si utilizzavano molto frequentemente le ghiere filettate, come quella qui mostrata. Oggi di norma si utilizzano corti prigionieri con dado

Una soluzione ormai abbandonata da tempo riguarda il sistema di fissaggio dei tubi di scarico. Una volta era generalizzato l’impiego, per ciascuno di essi, di una ghiera filettata che si avvitava nel foro della testa (in qualche caso, come nei BMW boxer a due valvole, la ghiera era però filettata internamente e si avvitava sopra la parete esterna del condotto, che sporgeva opportunamente dalla testa) e che assai spesso era dotata di alette radiali, il cui disegno veniva ritenuto importante ai fini estetici. I monocilindrici non di rado vibravano molto e l’allentamento spontaneo della ghiera non era infrequente. Il tubo di scarico si muoveva allora all’interno della testa e poteva danneggiarne seriamente la filettatura. In qualche caso rimettere le cose a posto poteva risultare complicato e assai dispendioso… Per evitare rischi di questo genere gli appassionati più avveduti facevano ricorso a una legatura di sicurezza. Se si osserva la ghiera di un motore Ducati di svariati anni fa si possono osservare quattro piccoli fori, destinati appunto al filo metallico, segno che la casa aveva già previsto questa operazione! Per allentare e serrare queste ghiere senza danneggiare le alette spesso era necessario impiegare un attrezzo speciale, appositamente realizzato dal costruttore della moto.

 

Nei motori da competizione e in un paio di modelli di serie estremamente spinti di segmenti per ogni pistone ce ne sono due soltanto, per diminuire gli attriti

Nei motori di serie la soluzione standardizzata prevede che ogni pistone sia dotato di tre segmenti (due di compressione e un raschiaolio). Nei motori da competizione e in un paio di modelli di serie estremamente spinti di segmenti per ogni pistone ce ne sono due soltanto, per diminuire gli attriti. In passato però le cose stavano diversamente. In molti casi i segmenti lasciavano piuttosto a desiderare in quanto a efficienza: impiegandone tre, quelli di compressione non erano in grado di assicurare una tenuta soddisfacente e/o il raschiaolio non riusciva a portare il consumo di lubrificante a livelli ragionevoli. Per questa ragione diversi pistoni erano dotati di quattro o perfino cinque segmenti. Abbastanza spesso quelli di compressione erano tre, mentre altre volte si impiegavano due raschiaolio, dei quali uno era collocato sotto lo spinotto, in prossimità della base del mantello.

 

I motori motociclistici raffreddati ad acqua venivano costruiti anche in passato; per lungo tempo però sono stati assai rari (e in certi periodi addirittura sono scomparsi dalla scena). Quando hanno cominciato davvero a diffondersi, il che è avvenuto sui modelli da competizione con un notevole anticipo rispetto a quelli stradali, in svariati casi sono stati dotati di sistemi con circolazione a termosifone. In genere questi circuiti senza pompa, con tubazioni di rilevante sezione e vaschetta superiore del radiatore collocata ben più in alto del motore, venivano impiegati per i motori a due tempi. In seguito i sistemi a termosifone, nei quali l’acqua continuava a circolare anche dopo che il motore era stato spento, sono però scomparsi dalla scena; li hanno completamente soppiantati quelli con circolazione attivata da una pompa, che abbinavano una compattezza nettamente maggiore a una grande libertà nel posizionamento del radiatore, che poteva anche essere a flusso trasversale.