Bimota SB2, la prima stradale del marchio all’asta

Umberto Mongiardini
Ferma dal 1983, questa moto che ha rivoluzionato il mondo delle superbike verrà messa all’incanto a Las Vegas
6 dicembre 2018

La Bimota SB2, quando è stata lanciata nel 1977 aveva rivoluzionato, grazie agli studi e ai progetti di Massimo Tamburini, il mondo delle moto stradali prestazionali.

La creazione di Tamburini si caratterizza per un telaio perimetrale in traliccio di acciaio cromo molibdeno ultraleggero, motore Suzuki GS750 DOHC che viene sfruttato come elemento portante e dotata di una maneggevolezza tale da aver stupito chi l’aveva provata per la prima volta all’epoca

Come ogni altro modello Bimota, anche questa è stata nominata con la prima lettera che indica deil nome del produttore del motore, seguito dalla prima lettera della propria azienda, seguita da un numero che indica la generazione. La Bimota SB2 è la Suzuki-Bimota-2, o la seconda Bimota a montare un motore Suzuki.

La prima Bimota-Suzuki era la SB1, alimentata da un motore a due tempi da 500 cc e destinato esclusivamente alle corse. Bimota e Suzuki avevano sviluppato un buon rapporto di lavoro con il progetto SB1, quindi Suzuki ha finanziato il progetto SB2 per costruire 200 esemplari di una superbike che sarebbe stata sviluppata con un motore Suzuki, dando a Suzuki l'accesso al genio del design di Bimota.

Tamburini ha iniziato lo sviluppo partendo da un foglio bianco, l'unica cosa che la moto doveva assolutamente avere era il motore della Suzuki GS750. Iniziò con il disegnare un telaio a traliccio di molibdeno che utilizzava il motore come elemento stressante e collegava direttamente la testa dello sterzo con il punto di rotazione del braccio oscillante.

Il motore della Bimota SB2
Il motore della Bimota SB2

La bozza iniziale prevedeva che il serbatoio del carburante fosse montato sotto al motore per una distribuzione ottimale del peso, ma sarebbe stata troppo difficile da integrare in una moto di produzione.

Il design definitivo ha privilegiato l'angolo di piega e la maneggevolezza, il motore è stato montato 25 mm più alto rispetto alla GS750 e la parte inferiore della moto è stata mantenuta il più stretto possibile. È stato montato un monoammortizzatore posteriore regolabile, una delle prime moto stradali ad adottarlo, e il frontale ha beneficiato di una forcella Ceriani da 35 mm con interni modificati.

La carenatura aerodinamica monoscocca, che va dal serbatoio al codino è stata realizzata in una combinazione di fibra di vetro e alluminio ed è stata sviluppata per essere sollevata rapidamente per dare accesso ai carburatori.

La frenata è gestita da due dischi anteriori da 280 mm con un disco singolo da 260 mm al posteriore, il cambio è l'unità Suzuki a 5 velocità e il motore respira attraverso una serie di quattro carburatori Mikuni da 29 mm.

Bimota offriva una serie di opzioni al momento dell’ordine e così offriva anche la possibilità di portare il motore a 850 cc e usando pistoni ad alta compressione, un albero a camme modificato, valvole a molla portando la potenza a 100 CV: un significativo aumento rispetto alla potenza del motore originale da 75 CV.

Il peso a secco della Bimota SB2 è di 196 chilogrammi, quasi 30 in meno rispetto alla Suzuki GS750, e la maneggevolezza era decisamente migliore. Sfortunatamente il suo prezzo era quasi tre volte più alto rispetto alla Suzuki GS750, rendendo la SB2 una delle moto più costose del mondo al momento del lancio; nonostante ciò, la Bimota è stata venduta in 140 esemplari.

La casa d’aste Mecum metterà all’incanto a gennaio a Las Vegas una SB2 completamente originale, rimasta ferma a partire dal 1984 - rendendola una degli esemplari meglio conservati in circolazione.

Nel 2012 è stato eseguito un restauro conservativo per riportarla alle condizioni originali, togliendole i quasi 30 anni di polvere.

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