Brembo, una storia di innovazione

Brembo, una storia di innovazione
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Parlare della storia dei freni a disco equivale a parlare della Brembo. Tecnologia avanzata e sviluppo continuo da un’azienda che il mondo ci invidia
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
22 dicembre 2015

Parlare della storia dei freni a disco equivale a parlare della Brembo. L’azienda bergamasca ha infatti legato il suo nome ad alcune delle più importanti innovazioni tecniche che si sono avute in questo settore e ciò l’ha portata a diventare leader in campo mondiale, sia per quanto riguarda i prodotti di serie che per quanto riguarda quelli destinati alle moto da competizione. Merito di una capacità tecnica straordinaria e di un know-how unico, ottenuto con decenni di impegno ai massimi livelli in questo settore specifico. Di importanza fondamentale è risultato lo spazio dedicato alla ricerca, da sempre uno dei capisaldi di una lungimirante politica aziendale.

Le ottime prestazioni e l’eccellente qualità costruttiva hanno consentito alle prime pinze prodotte in serie dalla Brembo, del semplice tipo a due pistoni opposti, di affermarsi rapidamente. Adottate nei primi anni Settanta dalla Guzzi, dalla Benelli e dalla Laverda per i loro modelli stradali, hanno poi incontrato una crescente diffusione arrivando ben presto ad essere montate con successo anche su diverse moto da competizione. In aggiunta alle pinze venivano naturalmente prodotti anche i dischi, all’epoca in ghisa e integrali con la campana di fissaggio al mozzo della ruota, e le pompe. In altre parole, l’azienda realizzava impianti frenanti completi.
 

Protagonista nelle competizioni

Il primo titolo mondiale nella classe regina è arrivato nel 1984, con Eddie Lawson, sulla Yamaha OW 76 dotata delle pinze a quattro pistoni da 32 mm di diametro che erano state presentate due anni prima

All’inizio degli anni Ottanta il marchio Brembo, ormai ben conosciuto in tutto il mondo, è diventato un grande protagonista anche sulle moto da competizione. Il primo titolo mondiale nella classe regina è arrivato nel 1984 con Eddie Lawson sulla Yamaha OW 76 dotata delle pinze a quattro pistoni da 32 mm di diametro che erano state presentate due anni prima. Di poco successiva è la pompa radiale, caratterizzata da una grande compattezza e da un rapporto di leva favorevole, con la quale viene migliorata l’efficienza del comando del freno e si ottiene anche una eccellente modulabilità. Brevettata dalla Brembo nel 1985, per diverso tempo è stata riservata ai soli modelli da Gran Premio.

Nel 1988 sulle moto da competizione sono comparse le nuove pinze con quattro pistoni a diametro differenziato, delle quali a partire dal 1990 è stata disponibile anche la versione destinata ai modelli di serie. L’impiego di pistoni più piccoli nella parte posteriore, dal lato di entrata del disco, rispetto a quelli collocati nella parte anteriore (di uscita) consente di ottenere una migliore ripartizione delle pressioni, cosa positiva per quanto riguarda il comportamento complessivo della pinza e l’usura delle pastiglie, che risulta più uniforme.
 

Da monoblocco a radiale

Le pinze monoblocco con attacco radiale costituiscono oggi quanto di meglio è disponibile per i modelli di alte prestazioni. Per le moto da competizione vengono realizzate in una lega di alluminio ad elevato tenore di litio
Le pinze monoblocco con attacco radiale costituiscono oggi quanto di meglio è disponibile per i modelli di alte prestazioni. Per le moto da competizione vengono realizzate in una lega di alluminio ad elevato tenore di litio

Lo sviluppo tecnologico dei freni Brembo è proseguito negli anni Novanta con innovazioni di notevole portata tra le quali spicca la realizzazione di pinze monoblocco, cioè in un sol pezzo e non in due parti unite mediante viti. Questa soluzione, che consente di ottenere una superiore rigidezza unitamente a un peso minore, con i vantaggi che ne conseguono, viene ottenuta con lavorazioni particolarmente sofisticate, studiate e messe a punto dai tecnici della azienda bergamasca per questo specifico scopo. Gli alloggiamenti dei quattro pistoni sono ciechi; altri produttori di questi componenti invece realizzano fori passanti e poi li chiudono con tappi filettati. Una differenza non certo di poco conto, ottenuta con una tecnologia produttiva avanzata ed esclusiva.

Un altro importante passo in avanti nella tecnica di questo settore specifico è stato compiuto quando sono comparse le pinze con attacco radiale, che Brembo ha presentato nel 1997 e che si sono rapidamente affermate per le loro eccellenti prestazioni, diventando ben presto una scelta obbligata per le moto da competizione e per le supersportive di serie. In questo caso il fissaggio al piedino della forcella non è più “a sbalzo” e risulta nettamente più rigido. Durante la frenata la pinza mantiene un più preciso allineamento con il disco. Il pilota ha un miglior feeling e avverte una maggior prontezza nella risposta iniziale, con le pastiglie che “mordono” più efficacemente.

Le pinze delle ultime generazioni destinate a moto di prestazioni particolarmente elevate sono spesso ottenute dal pieno, mediante una serie di lavorazioni meccaniche di alta precisione. Tra i materiali spicca la lega alluminio-litio, utilizzata per i prodotti racing, che abbina una ottima resistenza a trazione e un elevato modulo elastico elevati a una maggiore leggerezza. Sempre a livello di metallurgia, è importante ricordare che nelle pinze destinate alle moto da competizione si impiegano pistoni in lega di titanio con un durissimo riporto superficiale applicato mediante tecnologia PVD.

Cambiare i rapporti

L’immagine, ripresa in uno degli speciali banchi prova della azienda bergamasca, dà un’idea delle sollecitazioni impressionanti che i componenti dei freni devono sopportare
L’immagine, ripresa in uno degli speciali banchi prova della azienda bergamasca, dà un’idea delle sollecitazioni impressionanti che i componenti dei freni devono sopportare

Le pompe ad attacco radiale hanno subìto una ulteriore evoluzione con la comparsa di quelle della serie RCS che consentono di variare il rapporto di leva tra due posizioni prefissate. Aumentando la distanza tra il fulcro e il punto di applicazione della forza agente sul pistoncino la corsa della leva necessaria per ottenere lo spostamento di uno stesso volume di liquido risulta minore. Di conseguenza la risposta all’azionamento della leva stessa è più pronta e la “reattività” della frenata è migliore. Al contrario, diminuendo tale distanza si ottiene una migliore modulabilità.

Pure i dischi sono stati oggetto delle attenzioni dei tecnici della Brembo. Già da molto tempo quelli in ghisa sono stati sostituiti da altri in acciaio inossidabile, materiale che non arrugginisce e che, grazie alle superiori caratteristiche meccaniche, consente di adottare spessori notevolmente minori, con una notevole diminuzione del peso. Inoltre, la campana di fissaggio al mozzo della ruota non è più integrale con la fascia frenante e ciò riduce le tensioni a caldo. La fascia è libera nelle sue dilatazioni e non trasmette calore alla campana. Il collegamento di norma è di tipo flottante, e ciò consente alla fascia frenante di posizionarsi automaticamente nel miglior modo possibile tra le pastiglie della pinza.

Di recente la Brembo ha sviluppato un sistema di collegamento alla campana denominato T-Drive, nel quale le tradizionali bussole sono sostituite da appendici ricavate direttamente nella parte interna della fascia. Nel settore racing l’azienda è stata in prima linea nello sviluppo dei dischi in carbonio e questo fin da quando tale materiale cominciato ad affermarsi, arrivando ben presto a dominare la scena nella classe regina del motomondiale.