Ducati Monster: buon compleanno!

Ducati Monster: buon compleanno!
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
Il prossimo Intermot segna il ventesimo compleanno per la Ducati che ha reinventato il segmento delle naked in Italia. Ripercorriamone la storia, modello per modello
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
1 ottobre 2012

E’ entrata a far parte della pop culture con tale pervasività che ormai non si può più parlare di una semplice moto, ma di una vera e propria icona. Il suo successo è stato tale da risultare trasversale tanto rispetto alle razze motociclistiche quanto al pubblico in senso lato. Ha fatto innamorare smanettoni e customisti, dandy attenti all’immagine e coatti della peggior specie, e ha fatto le fortune di innumerevoli preparatori e customizzatori nostrani. Stiamo parlando della Ducati Monster, e se credete che stiamo esagerando significa che quando è nata non c’eravate. O non seguivate il mondo delle moto. Bisogna essere non più giovanissimi per ricordarsi davvero com’era il mondo delle moto prima che nascesse la Monster, svelatasi al pubblico per la prima volta esattamente vent’anni fa all’Intermot di Colonia. Prima di lei, associare l’aggettivo “sportivo” ad un modello privo di carenatura avrebbe suscitato risate sguaiate in chiunque avesse una certa dimestichezza con il panorama motociclistico mondiale. Poi è arrivato il Monster – il cui nome, come tanti anni dopo il Diavel, attinge al dialetto felsineo dai primi commenti di chi aveva visto quella moto tanto strana ed anticonformista.


Eccolo lì il Monster – perché il nome attecchì subito al maschile – con la ciclistica da Superbike prelevata di peso dalla 851/888, il motore della SS, una spolverata di carbonio, la strumentazione minimalista fatta da tachimetro e spie (il cupolino arrivò dopo, il contagiri ancora più avanti) e un serbatoio la cui linea a schiena di bisonte, opera immortale di Miguel Galluzzi, da allora identifica uno ed un solo modello di moto in tutto il panorama mondiale. Ci vogliono dodici milioni e mezzo delle vecchie lire per portarsela a casa, quasi quanto una maxi sportiva, ma i concessionari non riescono a soddisfare gli ordini che gli piovono addosso.
 

Le sorelline minori e l’affinamento della prima generazione


Nel 1994 nasce la 600, che rinuncia ad un po’ di cavalleria, un disco anteriore, e “taglia qualche curva” nella componentistica. Però costa quasi quattro milioni meno della 900, il cui prezzo nel frattempo è cresciuto fino a sfiorare i 15, e va via come il pane. Tanto che a Bologna due anni dopo pensano bene di fare la 750 – identica tranne per il motore, come sulla famiglia SS – e di rivedere un po’ la 900, che

Il Mostro lo usano anche in città e preferiscono un’erogazione più fluida in basso a qualche cavallo in alto

perde il carbonio a favore della 900S, dotata anche di cupolino, impianto frenante con dischi in ghisa e tubi in treccia, asta di reazione sulla sospensione posteriore, sella in splendido cuoio Connolly – lo stesso che storicamente adorna gli interni delle Jaguar. Nel 1997, un po’ per adeguarsi alla sparizione della benzina “rossa” e un po’ perché alla fine tanti il Mostro lo usano anche in città e preferiscono un’erogazione più fluida in basso a qualche cavallo in alto, la 900 perde qualche millimetro di diametro delle valvole e riceve gli assi a camme meno spinti già in dotazione alla 750. E visto che alla fine piace tanto così, il cupolino arriva per tutte le 900 assieme alla fortunata versione Dark, con sovrastrutture in nero opaco che fanno risparmiare qualche soldo soprattutto se si vuole destinare il proprio Monster alle cure dell’aerografo, come spesso succede all’epoca. Nel 1999 arriva la 900ie con iniezione elettronica, con cui possiamo considerare concluso il ciclo della prima generazione di Monster.
 

Il fenomeno Special


Se il successo di vendite sembra non avere mai fine – il Monster piace a tutti, ed è sempre più facile vederlo protagonista di film, produzioni televisive e servizi pubblicitari – si scatena un fenomeno parallelo, quello della preparazione. Che da sempre è stato caratteristico dei modelli Ducati, ma che complice la crescente popolarità del marchio bolognese e la derivazione diretta di motore e ciclistica da modelli sportivi, sul Monster assume proporzioni che all’epoca risultano stupefacenti. C’è chi trasforma il Mostro in una Supertwin a manubrio largo, prendendo a prestito pezzi di ciclistica dalle 916 SP e parti di motore dalle SS pronte pista, chi al contrario spoglia una vecchia 888 e le cambia il serbatoio per trasformarla in Monster, chi la declina secondo i canoni delle café racer montando semimanubri, selle monoposto e specchietti bar-end, e chi infine le porta ai concorsi riservati alle custom a sfidare le realizzazioni su base Harley. Nessun preparatore degno di tale nome può permettersi di non cimentarsi sulla naked bolognese, tanto che in breve per dire qualcosa di nuovo bisogna sforare nell’eccesso.
 

Il restyling e il debutto del Desmoquattro


Nel 2000 il Monster viene sottoposto al primo “lifting”. La strumentazione ormai antiquata viene sostituita con un’unità a doppio quadrante ben più adeguata ai tempi, e vengono ridisegnati lampeggiatori e tegolino posteriore (che qualcuno in Ducati chiama un po’ sarcasticamente “il portasapone”). Nasce la Cromo, con il serbatoio appunto oggetto di cromatura, e la Special che
Il primo mostro a quattro valvole: l’S4R
Il primo mostro a quattro valvole: l’S4R

dall’apparenza (sella in cuoio, eccetera) passa alla sostanza – monoammortizzatore Ohlins, particolari in carbonio ed asta di reazione sulla sospensione posteriore. Il 2001 è il turno del primo mostro a quattro valvole: l’S4R, dotato del propulsore della 916 rivisto nella distribuzione per ridurre gli ingombri verticali della testata già visto sulla sport-touring ST4 e che verrà confidenzialmente chiamato “camma bassa”. In realtà la S4 ha molto più in comune con la ST4 che con gli altri Monster della gamma, comparto ciclistico compreso – è da questa che inizia il processo di eliminazione della sospensione posteriore ad archetto adottando il più moderno puntone che le Superbike di Borgo Panigale avevano montato dalla 916 in poi. Nel 2002 nasce la 620, prima vera revisione del Monsterino che per ammodernarsi e rispettare la normativa Euro-2 adotta l’iniezione elettronica. Si prova a vendere anche in Europa la 400 nata inizialmente per il mercato giapponese ma le vendite non vanno oltre qualche decina di esemplari. L’esperimento viene rapidamente cancellato. Al contrario, a fine anno arrivano i modelli 2003 che crescono di cilindrata: la 750 diventa 800 e la 900 passa a mille.
 

Le S4R e l’arrivo del Testastretta


Nell’estate del 2003 si inizia a vedere un modello 2004: la S4RS, che snellisce, svecchia ed incattivisce profondamente la S4. Il motore diventa il 996 (addolcito ma non troppo) montato sulla ST4S, gli scarichi si sovrappongono sul lato destro, e la livrea con striscia bianca longitudinale
Monster S4RS
Monster S4RS

asimmetrica richiama da vicino le muscle car statunitensi come la Dodge Viper. In questo periodo, tra l’altro, fioriscono una miriade di versioni speciali ricercate dai collezionisti ma che ben poco aggiungono alla sostanza del Monster. La 800 viene sostituita dalla S2R – che mantiene la base tecnica della precedente due valvole ma con le sovrastrutture e le livree della S4R – ma bisogna poi attendere il 2006 per vedere altre novità sotto forma della S4RS, che sostituisce il Desmoquattro con il Testastretta e porta la potenza massima a 130cv, oltre ad aggiungere sospensioni Ohlins (ammortizzatore di sterzo compreso), pinze radiali monoblocco e pompa anch’essa radiale. Il Monster più piccolo passa a 695cc, mentre l’anno successivo anche la S4R adotta il motore Testastretta mantenendo però con la ciclistica meno pregiata della versione originaria.


2008: il passaggio all’alluminio e l’urbanizzazione


Nel 2008 ha luogo il più profondo restyling mai subito dalla Monster. Ad EICMA, quasi in sordina, arriva la 696. La ciclistica diventa a soluzione mista: per la prima volta una Ducati associa al traliccio in acciaio un pressofuso in alluminio nella zona posteriore, alleggerendo sostanziosamente il modello (che sfiora i 160kg a secco) e modernizzandone la guida. Il serbatoio mantiene ovviamente la foggia originaria ma vanta due cattivissime prese d’aria frontali, il faro diventa una complessa unità multicomponente. A breve arrivano anche le 1100 e 1100S, identiche nell’estetica ma dotate ovviamente del propulsore Dual Spark già visto sulla Multistrada; tutti i Monster della gamma precedente, soprattutto i quattro valvole, vengono immediatamente pensionati con l’arrivo della Streetfighter. Nel 2010 arriva anche la 796, in occasione della quale viene leggermente rivista la posizione di guida rendendola più comoda nell’uso in città: con il passaggio del testimone sportivo alla Streetfighter la Monster diventa un po’ più “urban” e meno cattiva. Le vendite del Monster non sono più quelle dei tempi d’oro, ma “il mostro” resta un’icona le cui doti di carisma, riconoscibilità e piacere di guida non si discutono. Fra pochi giorni, all’apertura del Salone di Colonia, compirà esattamente vent’anni. Chissà che in Ducati non abbiano in mente un regalo per chi ama ancora tanto la moto che ha reinventato il segmento delle naked e contribuito in tale misura a portare il marchio bolognese nell’olimpo dei costruttori del nuovo millennio?

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Ducati Monster 1100 Evo ABS (2011 - 13)
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  • Prezzo 12.087 €
  • Cilindrata 1.078 cc
  • Potenza 100 cv
  • Peso 169 kg
  • Sella 810 mm
  • Serbatoio 14 lt
Ducati

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Scheda tecnica Ducati Monster 1100 Evo ABS (2011 - 13)

Cilindrata
1.078 cc
Cilindri
2 a V
Categoria
Naked
Potenza
100 cv 74 kw 7.500 rpm
Peso
169 kg
Sella
810 mm
Inizio Fine produzione
2010 2013
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