Guardrail salvamotociclisti: l'opinione dell'esperto e le critiche al decreto

Guardrail salvamotociclisti: l'opinione dell'esperto e le critiche al decreto
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Marco Anghileri, professore, progettista di barriere e dei famosi DSM, chiarisce perché per lui il decreto salvamotociclisti non funziona. È un'altra voce, documentatissima, sul tema più importante della nostra sicurezza
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
24 luglio 2019

Il tema dei guardrail pericolosi per noi, quello dei dispositivi salva motociclisti, e infine il decreto ministeriale che dovrebbe risolvere i problemi, e invece per molti osservatori è discutibile. Ne abbiamo parlato a più riprese sul nostro sito:

leggi tutto quello che abbiamo scritto in materia di guardrail e motociclisti.

Ora la collega Giovanna Guiso mi segnala la sua lunga intervista all'esperto, apparsa sul sito Motospia. Il professor Marco Anghileri è uno specialista: è docente di sicurezza passiva e direttore del laboratorio di crash del Politecnico di Milano, ed è coordinatore di numerosi gruppi di lavoro sul tema della sicurezza e delle barriere. E infine è progettista di barriere di sicurezza, e in particolare dei famosi dispositivi salva motociclisti, detti DSM.

Anghileri ripercorre la storia recente. Gli Stati europei hanno dovuto dotarsi di norme nazionali (siano esse decreti, norme attuative e leggi) per specificare le zone stradali da proteggere. Ebbene, il decreto italiano si basa correttamente sulla norma
UNI EN 1317- che lo stesso professore ha collaborato a definire - e che identifica le zone da proteggere per salvare la vita dei motociclisti che cadono e finiscono sulle barriere, riportando lesioni gravissime o addirittura mortali - ma ha due difetti: dà per scontate le prestazioni di alcune classi di barriere, e inoltre introduce modalità di utilizzo del DSM troppo complesse. Che alla fine ne ostacoleranno l'adozione.

Il decreto indica come "zone da proteggere" le barriere discontinue installate o da installare lungo il ciglio esterno della carreggiata, nei tratti con curva circolare di raggio inferiore ai 250 metri. Queste zone possono essere indicate dall'analisi statistica degli incidenti stradali.

"È vero - obietta il professore - che le barriere continue sono meno pericolose di quelle discontinue, ma non considerarle nemmeno mi pare eccessivo. Se il riferimento è la UNI EN 1317-8, perché considerare le barriere continue come automaticamente sicure?". Questo è un errore.

Marco Anghileri va poi ad analizzare le norme del decreto che rendono molto complessa la adozione del DSM sulle barriere esistenti. Se la barriera di sicurezza è marchiata CE si parla di una modifica del prodotto, e occorrerà dunque il parere dell'Organismo Notificato. Negli altri casi è ancora più complicato.

"Le regole indicate dal decreto - denuncia Angileri - differiscono completamente anche in base all'età della barriera. Per quelle molto vecchie occorre la verifica geometrica o l'analisi; per quelle installate di recente (non CE) la verifica geometrica o le prove "al vero"; per le barriere nuove CE la modifica del prodotto; e le barriere già installate, ma con la marcatura CE, non sono nemmeno considerate. Paradossalmente, l'unico caso in cui saranno installate le protezioni sarà quello delle barriere molto vecchie...".

Perché per le barriere installate di recente, se le regole geometriche non sono accertate, bisognerà rifare la prova crash con veicolo pesante o con il manichino. Ogni prova con veicolo pesante costa circa 40.000 euro, magari per installare cinquanta metri di DSM! Chiaramente una sproporzione. E addirittura, per le barriere nuove marcate CE, la richiesta di modifica può essere fatta soltanto dal costruttore, che magari non esiste più...

Il professore conclude così: "I DSM devono essere installati nelle zone veramente critiche, e purtroppo il decreto impone regole che limiteranno molto l'utilizzo di questi dispositivi. Le regole dovrebbero avere criteri più snelli, e lo spazio per modificarle esiste".

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