La mitica scuderia Speedy Gonzales

La mitica scuderia Speedy Gonzales
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Ricordo di uomini e moto straordinarie, le Ducati dell'era Taglioni, in una Bologna motociclistica passata alla leggenda
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
6 marzo 2018

All’inizio degli anni Sessanta le cose non andavano molto bene per il motociclismo italiano. Il mercato era in una crisi mostruosa, che ha portato alla chiusura Case che avevano fatto la storia, come la Bianchi, la Rumi e la Parilla.
Altre avevano già chiuso i battenti più che altro per esaurimento dello slancio vitale (Sertum, CM, MM…). Altre ancora vivacchiavano in attesa di tempi migliori.

Per quanto riguarda l’attività agonistica, i tre grandi costruttori che avevano dominato la scena negli anni Cinquanta, cioè Guzzi, Gilera e Mondial, si erano ritirati alla fine del 1957. A gareggiare ai massimi livelli era rimasta la sola MV Agusta, visto che anche la Ducati aveva smesso l’attività agonistica in forma ufficiale.
La passione era forte e alimentava un certo movimento di base che  numericamente, peraltro, era di gran lunga inferiore rispetto a quello del periodo precedente. Insomma, alcuni moto club si davano da fare per pura passione, e nonostante le grandi difficoltà che incontravano (in particolar modo di tipo economico), riuscivano ad organizzare per i piloti juniores un certo numero di gare che si svolgevano prevalentemente su circuiti cittadini. Dal canto suo la Federazione Motociclistica aveva varato la categoria "cadetti", con ovvio intento promozionale: si gareggiava con moto che fondamentalmente erano derivate da quelle di serie (a differenza di quelle da Gran Premio, che venivano specificamente studiate e realizzate per impiego agonistico ad altissimo livello, ed erano quindi riservate ai piloti seniores).

A correre nelle gare minori erano piloti che spesso di professione facevano i meccanici, o appassionati che dividevano il loro tempo libero tra il motoclub e l’officina di qualche amico. Alcuni si preparavano la moto personalmente, nel box sotto casa.
 

La realtà bolognese

A Bologna per tanti anni ha dedicato le sue attenzioni alla velocità il motoclub UISP, il cui presidente era Silvio Zacchiroli, personaggio assai noto nel mondo del motociclismo sportivo felsineo. Questo piccolo sodalizio di grandi appassionati raccoglieva attorno a sé principalmente uomini legati, direttamente o indirettamente, alla Ducati. Tra di essi spiccava Franco Farnè, affettuosamente soprannominato dagli amici “il topo” per via della modesta statura. Aveva iniziato come valido pilota, ma subito aveva rivelato eccellenti capacità tecniche, e ben presto era diventato il braccio destro dell’ing. Taglioni.
Attorno alla metà degli anni Sessanta il reparto esperienze della Casa bolognese, che in quel periodo non correva ufficialmente, faceva capo a lui, che già era stato più volte inviato tanto negli USA quanto in Spagna (dove aveva sede la Mototrans, che costruiva su licenza alcuni modelli Ducati), dapprima in veste di pilota e quindi in veste di tecnico.

 

Cena della scuderia Speedy Gonzales; Luciano Garagnani e Franco Farnè sono il secondo e il terzo da sinistra e Giancarlo Bortolotti è a sedere, alla destra del tavolo. Renato Tarlazzi è in piedi tra Giovanni Giovannini (con gli occhiali) e il presidente del moto club, Silvio Zacchiroli
Cena della scuderia Speedy Gonzales; Luciano Garagnani e Franco Farnè sono il secondo e il terzo da sinistra e Giancarlo Bortolotti è a sedere, alla destra del tavolo. Renato Tarlazzi è in piedi tra Giovanni Giovannini (con gli occhiali) e il presidente del moto club, Silvio Zacchiroli

 

Il pilota Ernesto Cerè aveva trovato in un granaio una Marianna 125 che, nonostante un lungo periodo di abbandono, avrebbe potuto essere restaurata per venire impiegata nuovamente nelle gare juniores. Mancavano i soldi ma non la passione e con questa moto è iniziata la storia della Scuderia Speedy Gonzales, le cui colonne portanti sono state Farnè, Giovannini e il motorista Bortolotti (tutti uomini Ducati) e il pilota di punta Renato Tarlazzi (altri si sarebbero aggiunti in seguito).

Nelle prime gare del 1967 sulla carena della 125 di Tarlazzi c’era scritto solo MC UISP, ma ben presto è arrivata la dicitura Speedy Gonzales. Il tutto con il beneplacito di Taglioni, che considerava questa nuova scuderia una specie di “emanazione” della Casa bolognese, utile per portare avanti soprattutto lo sviluppo in pista delle monocilindriche della famiglia a carter larghi, che sarebbe entrata in produzione di serie l’anno successivo.

Dopo diversi buoni risultati ottenuti, nel biennio ’67-’68, pur combattendo contro una concorrenza dotata di mezzi più moderni e non di rado ufficiali, Tarlazzi (ultimo uomo a portare alla vittoria una Marianna) ha abbandonato la 125 per passare alla 250 con una Ducati della serie a carter stretti, che finalmente poteva disporre di un bel freno anteriore a doppia camma (Fontana), di sospensioni moderne e di parti meccaniche più evolute.
Lo sviluppo delle 125 monoalbero si era infatti fermato alla Formula 3 (in pratica una Marianna con le molle delle valvole coperte e poche altre differenze) dei primissimi anni Sessanta, mentre quello delle 250 era andato avanti per qualche tempo ancora, anche se non in maniera ufficiale.

 

La Scuderia cresce

Ormai la scuderia era diventata ben nota e aveva acquisito altri piloti: tra di essi Anzio Bianchin, un veloce e simpatico veneto che talvolta parlava in latino (pare che avesse fatto qualche anno di seminario) e che in seguito avrebbe corso con le Yamaha (marca della quale più avanti divenne concessionario a Montebelluna, e tutt'oggi lo è NdR). Importante era il contributo fornito dalla Gedol, azienda specializzata in lubrificanti.
All’epoca Farnè tendeva ad essere molto “estremo” nella preparazione dei motori. Andavano fortissimo ma erano vicini al limite: bastava un piccolo fuorigiri, magari causato da una banale “sfollata”, ed erano guai…

E’ nel veloce che si vede il “manico”! Qui la Marianna di Tarlazzi è impegnata in un curvone (meglio non pensare alle gomme dell’epoca). Sulle carene ancora nessuna scritta
E’ nel veloce che si vede il “manico”! Qui la Marianna di Tarlazzi è impegnata in un curvone (meglio non pensare alle gomme dell’epoca). Sulle carene ancora nessuna scritta

Non si deve però dimenticare che questo accadeva perché Franco cercava di spremere fino all’ultima goccia di energia da moto non più giovani e che non avevano potuto avere uno sviluppo paragonabile a quello delle rivali.
Nella 250, classe dominata dalle Aermacchi Ala d’Oro e dalle Motobi ufficiali, spesso Tarlazzi partiva fortissimo, andava in testa con buon vantaggio ma poi non arrivava a fine gara per problemi meccanici. Se tagliava il traguardo, non di rado vinceva, ma ciò accadeva solo sporadicamente...Più di così non si poteva proprio fare.
Per inciso, il titolo della 250 juniores è stato conquistato nel 1969 da Fosco Giansanti con la Motobi e nel 1970 da Chiavolini con l’Aermacchi.

Lo strettissimo legame esistente tra la scuderia Speedy Gonzales e la Ducati è dimostrato anche dalle numerose foto (ben visibili sui libri) scattate durante i test che tra il 1967 e il 1970 sono stati effettuati nel corso dello sviluppo dei modelli a carter larghi, anche in versione da competizione. La pista era in genere quella dell'aeroporto di Modena, e il pilota Bruno Spaggiari; sulla tuta di Farnè e sulle carene (quando impiegate) la scritta Speedy Gonzales era ben visibile.

Nel 1969-70 Spaggiari ha corso con le monocilindriche di 350 e 450 cm3 ottenendo ottimi risultati nelle gare della mototemporada romagnola. Le cose erano diverse, rispetto agli anni precedenti: si lavorava allo sviluppo di modelli recenti, e con un forte supporto da parte della Casa. I tempi però erano ormai maturi per un ritorno della Ducati in forma ufficiale, cosa avvenuta nel 1971, quando sono state schierate le nuove bicilindriche da Gran Premio di 500 cm3.