Scooter dimenticati. Proposte velleitarie o tentativi sfortunati?

Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Nei primi anni Cinquanta il motociclismo in Europa ha vissuto un vero e proprio successo. Alcuni hanno ampliato la loro gamma verso il basso, ma altri hanno fatto il contrario
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
30 giugno 2020

Nella prima metà degli Anni 50 il motociclismo ha vissuto un autentico boom.
Alcuni costruttori hanno ampliato la loro gamma verso il basso, con modelli più economici e di cilindrata minore di quelli già in listino, ma molti altri hanno fatto il contrario, proponendo moto più grandi e potenti. In genere ci si fermava comunque a 175 cm3, ritenuti più che sufficienti a soddisfare i motociclisti nostrani più esigenti.

Qualche casa proponeva grosse monocilindriche di 500 cm3 (Guzzi, Gilera, CM), altre hanno sondato la strada dei bicilindrici (Benelli, Parilla, Gilera, Comet, Berneg, Capriolo, IMN) e altri ancora offrivano mono di 250 o 350 cm3.
Nessuna di queste moto, Gilera esclusa, è stata venduta in numeri considerevoli. C’erano poi i costruttori che hanno tentato di inserirsi nel mercato degli scooter, assai allettante visti i risultati commerciali della Lambretta e della Vespa. Queste due case hanno continuato a prosperare e attorno alla metà degli anni Sessanta erano le uniche che costruivano (in numeri imponenti) questi pratici mezzi di trasporto.

Al Salone della moto di Milano del 1952 la Ducati ha presentato uno scooter denominato Cruiser: si è trattato di un flop clamoroso e molto costoso

Al Salone della moto di Milano del 1952 la Ducati ha presentato uno scooter denominato Cruiser dalle caratteristiche addirittura rivoluzionarie. A differenza degli altri presenti sul mercato aveva infatti un motore a quattro tempi e una trasmissione automatica.
Quest’ultima, realizzata con uno schema automobilistico, era dotata di un convertitore di coppia, dispositivo che svolge egregiamente la sua funzione ma che assorbe anche una notevole potenza. E di cavalli il monocilindrico ad aste e bilancieri di 175 cm3 del Cruiser ne aveva pochini (7,5 a 5600 giri/min), in particolare se si considera che il peso era di ben 148 kg…

Insomma, le prestazioni erano modeste, la marcia in salita un dramma e inoltre la trasmissione era spesso soggetta a inconvenienti meccanici. Inutile dire che si è trattato di un flop clamoroso (e molto costoso). Stranamente la Ducati è tornata a tentare la strada degli scooter (con risultati scarsi) nel 1964 – 65 con il Brio, azionato da un motore a due tempi costruito in versioni di 48 e 100 cm3.

La Motobi si è fatta conoscere e apprezzare a lungo per le sue ottime moto, sia a due che a quattro tempi, dotate di un motore a cilindro orizzontale dalla caratteristica struttura “a uovo”. Giuseppe Benelli, fondatore e titolare dell’azienda, lo aveva voluto dopo che al Salone di Colonia si era letteralmente invaghito della geniale Imme di Norbert Riedel, il cui monocilindrico aveva appunto tale disegno.
Nella seconda metà degli anni Cinquanta nella gamma della casa pesarese spiccava la 175 Catria, moto robusta e in grado di fornire elevate prestazioni. Sul finire del decennio del suo motore ad aste e bilancieri, che aveva un alesaggio di 62 mm e una corsa di 57 mm, è stata realizzata una versione destinata a uno scooter dalle ottime caratteristiche complessive, che disponeva di 8,5 cavalli a 5800 giri/min.
L’albero a camme era collocato nella parte inferiore del basamento e azionava anche la pompa dell’olio, che era immersa nella coppa; il cambio era a quattro marce. Questo modello veniva offerto anche con altri motori, sempre della serie “a uovo”, ma nella grande maggioranza dei casi è stato impiegato quello di 175 cm3.

L’unico esemplare costruito dello Scooter Alpino di 150 cm3, visibile in questa foto, è rimasto allo stadio di prototipo. Prodotto dalla FBM di Bologna, questo modello si è in seguito trasformato nel Guizzo, commercializzato per alcuni anni dalla Palmieri e Gulinelli di Bologna
L’unico esemplare costruito dello Scooter Alpino di 150 cm3, visibile in questa foto, è rimasto allo stadio di prototipo. Prodotto dalla FBM di Bologna, questo modello si è in seguito trasformato nel Guizzo, commercializzato per alcuni anni dalla Palmieri e Gulinelli di Bologna

Risale al 1956 un interessante scooter che avrebbe dovuto essere commercializzato dalla Alpino, per la quale era stato realizzato dalla FBM di Bologna (divenuta poi Minarelli).
L’azienda di Stradella però ha abbandonato il progetto e l’unico esemplare costruito con il suo marchio è rimasto allo stadio di prototipo. Circa un anno dopo però da questo scooter ha avuto origine il Guizzo, venduto (in numeri molto modesti, pare) dalla ditta bolognese Palmieri e Gulinelli. Il motore era un monocilindrico orizzontale a due tempi di 150 cm3 che erogava 6 cavalli a 5400 giri/min. Il cambio era a quattro marce con comando a pedale e le ruote erano da 14 pollici. Il Guizzo è stato commercializzato fino al 1961.

Quando la Bianchi ha deciso di entrare nel settore degli scooter, lo ha fatto con un simpatico modello, chiamato Orsetto, che abbinava a una estetica particolarmente riuscita una meccanica moderna ma al tempo stesso di notevole semplicità. Il motore monocilindrico a due tempi aveva una cilindrata di 80 cm3, ottenuta con un alesaggio di 48 mm e una corsa di 43 mm, ed erogava 3,7 CV (passati a 4,3 nella seconda versione).
Il cilindro era in ghisa e l’albero a gomito, ovviamente composito, poggiava su due cuscinetti di banco a sfere. La trasmissione primaria a ingranaggi inviava il moto a un cambio a tre marce del tipo a espansione di sfere. Questo scooter è rimasto in listino dal 1960 al 1964, anno nel quale l’azienda è stata messa in liquidazione. In Inghilterra è stato costruito su licenza dalla Raleigh, che lo ha chiamato Roma.

La Agrati ha prodotto più o meno nello stesso periodo uno scooter dalla linea molto pulita chiamato Capri, che veniva proposto in versioni di 70 e di 125 cm3. Il motore era in entrambi i casi un monocilindrico a due tempi

Lo scooter Laverda di 50 cm3, entrato in produzione nel 1960, era azionato da un monocilindrico a quattro tempi con distribuzione ad aste e bilancieri. Per i mercati esteri è stato costruito anche in versione di 60 cm3
Lo scooter Laverda di 50 cm3, entrato in produzione nel 1960, era azionato da un monocilindrico a quattro tempi con distribuzione ad aste e bilancieri. Per i mercati esteri è stato costruito anche in versione di 60 cm3

Pure la Laverda ha realizzato uno scooter, che è entrato in produzione nel 1960. In questo caso l’azienda ha puntato su una cilindrata di 50 cm3 (niente targa e niente patente, quindi), ottenuta con un alesaggio di 40 mm e una corsa di 39 mm. Il motore, dotato di una distribuzione ad aste e bilancieri, aveva il cilindro in alluminio con canna riportata in ghisa. Il cambio era a due marce.

L’anno successivo è stato adottato un nuovo motore, derivato dal ciclomotore Laverdino, sempre a quattro tempi e dotato di cambio a tre marce. La potenza era di 1,5 CV a 5300 giri/min. Per i mercati esteri è stata realizzata una versione di 60 cm3 (40 x 47 mm) che disponeva di 3 cavalli a 6000 giri/min.

Un’altra grande casa motociclistica che ha tentato la via dello scooter (con esiti commerciali insoddisfacenti) è stata la Gilera. Tra il 1962 e il 1966 questa azienda ha prodotto il G 50 e il G 80, con cilindrate rispettivamente di 50 (alesaggio e corsa = 38 x 44 mm) e 80 cm3 (46 x 46 mm). In entrambi i casi il motore era un monocilindrico orizzontale a quattro tempi con distribuzione ad aste e bilancieri.