Nico Cereghini: "Piloti, fumatori e coscienza del rischio"

Nico Cereghini: "Piloti, fumatori e coscienza del rischio"
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Fino agli anni Settanta mancava completamente una cultura della sicurezza. Piste pericolose, caschetti leggeri, tute di carta velina: quasi tutti i piloti non si rendevano conto del rischio e nemmeno immaginavano di cambiare | N. Cereghini
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
18 marzo 2014

Ciao a tutti! Il 20 marzo faranno dieci anni esatti da che ho smesso di fumare. E chissenefrega, direte voi, però sappiate che vi comunico la celebrazione soltanto per sottolineare quanto sono cambiate le cose nel motociclismo, dalle sigarette alle piste alle tute di pelle e tutto quanto.

Una volta non c’era la coscienza del rischio che conosciamo oggi e mancava del tutto la cultura della sicurezza. Fino agli anni Settanta le piste erano micidiali e gli organizzatori delle gare resistevano ad ogni evoluzione con una caparbietà che a guardarla oggi pare incredibile; le tute degli anni Cinquanta-Sessanta erano di carta velina, pesavano 700-800 grammi e i piloti se ne vantavano pure. E, appunto, i grandi fumatori erano tanti. Renzo Pasolini spegneva la sigaretta giusto sulla linea di partenza, e adesso penso che forse non passò al casco integrale proprio perché il jet gli consentiva una sigaretta in più. Marco Lucchinelli si era fatto aprire un foro nella mentoniera del casco per metterci la “svapora”, come si diceva allora, e forse era soltanto scena perché è sempre stato un provocatore, ma di sicuro si fumava venti o trenta sigarette al giorno. Del resto Barry Sheene veleggiava sui due pacchetti, era famoso per la richiesta perenne di una sigaretta, e non disdegnava nemmeno le puzzolenti Nazionali semplici senza filtro che fumavo allora; e Luca Cadalora, che bruciava meno sigarette di Sheene, ha sempre fumato soprattutto le mie.

Personalmente non fumavo sulla linea di partenza, ma appena finita la gara il primo gesto che facevo era quello, sigaretta e accendino


Personalmente non fumavo sulla linea di partenza, ma appena finita la gara il primo gesto che facevo era quello, sigaretta e accendino, e avevo pacchetti semivuoti di “enne bleu” dappertutto, nel box, nel furgone, in officina. Sui pochi podi della mia vita ci sono salito con la sigaretta in bocca, e Matitaccia, il vignettista della moto, ancora dieci anni fa mi disegnava con due sigarette tra le labbra e altre due tra le dita della mano destra. Noi tutti sapevamo che fumare faceva male, ma non fino a che punto.

Anche in Formula Uno non sono mancati i fumatori, da Fangio che amava il sigaro a Jochen Rindt, Patrick Depailler e naturalmente James Hunt che è passato alla storia come un ribelle. E del resto la sigaretta era grande protagonista nel cinema, tutti i grandi attori fumavano, e recentemente è addirittura emerso che divi come Gary Cooper, Spencer Tracy, Clark Gable e Bette Davis venivano lautamente foraggiati dalle multinazionali del tabacco per farsi riprendere sul grande schermo con l’immancabile sigaretta tra le labbra. Chi conosceva i guasti provocati dal fumo, a quel tempo taceva.

Nico Cereghini, 1974 sul podio a Misano
Nico Cereghini, 1974 sul podio a Misano


In compenso, e nonostante le sollecitazioni, non sono mai mancati i nemici del fumo: Giacomo Agostini è tra i tanti che non hanno mai toccato una sigaretta in vita loro, e mi viene in mente che John Kocinski – duro ma giusto- non concedeva l’intervista al giornalista che stava fumando o che aveva appena finito.

Oggi la coscienza del rischio c’è, non manca l’informazione corretta e, anche se resta ancora molto da fare, c’è una vera cultura della sicurezza in tutti i campi. E allora chiudo questa breve sortita sulla sigaretta e altri pericoli, aggiungendo una nota personale per quei pochi che ancora fumano. Voglio semplicemente sottolineare che adesso sto molto meglio di dieci anni fa e soprattutto che smettere è stato facile.

Leggi anche

Argomenti