In Normandia con la Kawasaki Ninja 636

In Normandia con la Kawasaki Ninja 636
Tutto inizia dopo aver letto due libri che hanno influito sul mio pensiero di viaggiare in moto, I viaggi di Jupiter e One man caravan...
18 luglio 2017

Decido di andare in Normandia in solitaria senza neanche consultare i miei limiti e i miei pensieri.
Sono un meccanico di mezzi agricoli e ho 25 anni e una Ninja 636 del 2015, preparo le valige o meglio le borse da moto e uno zainetto sabato 1° luglio.
Sveglia alle 5:00 di domenica, il mio risveglio è traumatico, ero impaurito di cosa stavo per fare, ma una volta in sella con la moto accesa vengo tranqullizzato e rassicurato dalla dolce melodia del quattro cilindri. Ingrano la prima e via! L'avventura comincia, percorro le strade deserte del Vercellese e imbocco l'autostrada; decido di fare strade scorrevoli perchè il primo giorno voglio avvicinarmi il più possibile alla Normandia. Procedo e procedo fino al traforo del Monte Bianco e lo percorro senza esitare ai 70 km/h per 11 km. Esco e sono in Francia, intravedo nebbia e alberi dal mio Arai verde, scendo verso valle con prudenza sulle strade bagnate francesi. Tra la pioggia e la temperatura bassa accumulo molto freddo, il primo giorno percorro 670 chilometri in una Francia spoglia e semplice, ma arrivato a Bourges per trascorre la notte in hotel trovo una cattedrale stupenda così ricca di particolari e decorazioni che non so neanche come descriverla.

Lunedì 3 luglio parto da Bourges sotto a una fitta nebbia, percorro la strada verso Orlèans con molta frenesia perchè davanti a me trovo curve e dossi su un asfalto perfetto in sesta marcia tra i 90 e 110 km/h. La lunga striscia nera che appare ai miei occhi si inoltra nei verdi boschi francesi, la vegetazione è cosiì fitta che sembra di percorre una galleria. La felicità e la fortuna mi abbandonano presto, perdo lo zaino e sbaglio parecchie volte strada prima di arrivare a Rouen per la notte dopo 387 chilometri. L'umore è basso ma decido di visitare la graziosa Rouen prima di andare a dormire.

Il giorno dopo lo descrivo come nei miei appunti parola per parola: "Sono in un bel bar nella piazza del mercato dove venne arsa al rogo Giovanna D'Arco, mi gusto una buonissima birra Blanche. Meno male che scrivo ora sul mio diario perchè ieri sarebbe stata una lagna continua. E'tretat è stata la chiave, è proprio vero che l'energia si nasconde nella natura... e in quel posto ne sono stato investito, conosco gente e compagni motociclisti tedeschi e francesi. Le scogliere a picco sull'oceano della incantevole spiaggia sono ossigeno per il mio morale, fiero e felice capisco che il mio viaggio è iniziato."

Mercoledì 5 luglio parto da Rouen, inghiottito dal suo traffico mattutino, ripercorro la strada di ieri che affianca la Senna senza puntare a E'tretat ma al ponte Di Normandia. Arrivo al ponte e vengo inghiottito da due grossi torri bianche che mi prioettano in un mondo surreale con l'oceano sulla destra e la Senna sulla sinistra facendomi volare sull'acqua. Finita la magia del ponte arrivo nella romantica Honfleur e visito i magazzini del sale del 1600 per conservare i pesci. Rimonto in sella, dopo qualche minuto di pausa, raggiungo Caen in un batter d'occhio dove poso le borse in hotel per raggiungere leggero e veloce i luoghi dello sbarco in Normandia della seconda guerra mondiale. Loungues su mer ma sopprattutto Omaha Beach, la spiaggia più vasta e più bella che abbia mai visto, con una pesante storia che sprofonda nella sabbia di fronte a così tanta bellezza. I ricordi della guerra riemergono procedendo verso il cimitero americano, il sentiero si inerpica tortuoso tra arbusti e oscuri bunker nazzisti nascosti tra la vegetazione.


Giovedi 6 luglio lascio a riposo la mia fedele compagna e mi godo il museo di Caen sulla seconda guerra mondiale.
Venerdì 7 luglio percorro le strade tortuose ma scorrevoli della Normandia con ritmo sostenuto e senza dare tanto peso a cosa c'era attorno. Mi godevo le pieghe e il dolce motore che mi fiondava da una curva all'altra, ma mentre sono su una collina vicino a Granville, la mia vista si sporge oltre la linea bianca della strda verso l'orizzonte e inciampa su Mont-Saint-Michel. Un'esplosione di felicità e di fierezza mi rimbomba nel cuore, ho raggiunto la meta che tanto ho desiderato, ora non la sto guardando attraverso uno schermo, il vento e il profumo del mare con il sole che ti scalda rende la realtà non più così diversa dai sogni. Mi dirigo verso il sacro monte divorando le curve saltellando quà e là sulla moto come una gazzella. Man mano che le distanze si accorciano la sacra struttura cresce di dimensione. Percorro a piedi gli ultimi metri dopo aver lasciato la moto all'hotel, Mont-Saint-Michel cambia il concetto di stupore. Vengo stregato, con passo irrequieto e con sguardo vivace i miei occhi divorano ogni angolo di quel magioco posto, i punti panoramici invece li percorro più lentamente perdendomi nella infinita distesa di sabbia e acqua.
La giornata finisce in un battito di ciglia e il giorno dopo decido di tornare a casa. Non avrei più sgranato gli occhi per mettere a fuoco le altre bellezze della Francia che avrei incontrato.

Il giorno seguente percorro 765 chilometri fino a Macòn sotto un sole cocente con un afa che toglieva il respiro.
Domenica 9 luglio rientro a casa passando dal passo del Piccolo San Bernardo, arrivo a casa contento e soddisfatto della mia piccola impresa e ringrazio la mia moto per avermi fatto vivere una esperienza stupenda senza mai avermi mollato, resistendo insieme sotto acqua, caldo e 3000 chilometri, che non dimenticherò mai.
La soltitudine che ho provato nel viaggio l'ho apprezzata, perchè rendeva ogni cosa più interessante e apprezzavo anche le piccole cose come ad esempio un semplice sorriso di una sconosciuta o un saluto di uno sconosciuto, ero spettatore in un teatro ricco e pieno di colpi di scena.

Mirco Meloncelli

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